Bagheria
Questa pagina è completamente dedicata allo sposo ed alle sue origini ed è preparata in suo onore!
Visto che ci sposiamo a Roma e che la Capitale avrà un ruolo da protagonista in quest'evento per noi così importante, non possiamo non dedicare il giusto spazio ad un posto splendido, che si è sviluppato nel corso dei secoli dando vita a mille storie, tradizioni e meraviglie culturali diverse, in una delle isole più belle (ma, volendo, anche la più bella! Per tantissimi motivi!) del mondo!
Bagheria (Baarìa in siciliano) è un comune italiano della provincia di Palermo in Sicilia, situato sulla costa settentrionale della regione a 15 Km dal capoluogo. Il nome Bagheria, secondo alcune fonti, ha origine dal termine fenicio Bayharia cioè "zona che discende verso il mare". Secondo altre fonti invece, deriverebbe dall’arabo Bāb al-Gerib, "La Porta del Vento". Il nome attuale potrebbe anche essere solo una parte di un nome completo, sempre dall’arabo, di cui è rimasta solo la parola Baarìa o Bahriia che significa 'marina'. A noi piace Porta del Vento!! L’area di Bagheria è abitata sin dai tempi dei Fenici, che sul promontorio di Mongerbino fondarono la città di Solunto che, insieme a Palermo e Mozia, divenne una delle tre roccaforti fondamentali della loro dominazione nell'isola.
Per lungo tempo viene utilizzata come zona agricola dagli arabi e vi si coltivano agrumi, olive, mandorle e fichi d'india; le prime costruzioni della zona risalgono al periodo cinquecentesco quando la zona viene fortificata e vengono costruite delle torri di avvistamento, al loro fianco sono presenti le case dei contadini e dei braccianti che lavorano la terra. Il primo agglomerato urbano di età moderna venne fondato nel XVII secolo ad opera della famiglia Branciforte Principi di Butera, i quali crearono la loro villa e zona di villeggiatura a pochi chilometri da Palermo. In particolare Giuseppe Branciforte,conte di Raccuja, a causa di una delusione politica avuta dal governo spagnolo, nel 1658 decise di ritirarsi a vita privata nella località di Bagheria, spostando di conseguenza la sua corte e la sua servitù che andò a formare un piccolo villaggio. Pochi anni dopo, nel 1769, il nipote Salvatore Branciforte decise di dare un primo assetto urbanistico all’agglomerato facendo costruire il corso principale, denominato Corso Butera, che collegava la loro abitazione alla strada Palermo-Messina. Fece, poi, costruire anche altre strade secondarie e la chiesa madre e tutto ciò diede una grossa spinta allo sviluppo dell’area. Ben presto essa venne considerata luogo ideale di villeggiatura dell’aristocrazia palermitana e la sua storia si è legata indissolubilmente alle sue celebri ville costruite durante il XVIII secolo. Divenne meta di viaggi e turistica, tanto che fu amata e apprezzata anche da molti famosi viaggiatori quali Johann Wolfgang von Goethe e Karl Friedrich Schinkel.
Il 21 settembre del 1826 il comune divenne comune autonomo, grazie ad un decreto reale, con aggregata la borgata marinara dell'Aspra. I moti risorgimentali dell'Ottocento non lasciano indifferente la popolazione bagherese, e il 15 gennaio 1848 i rivoluzionari guidati da Giuseppe Scordato attaccarono il presidio borbonico di Bagheria imprigionando i 92 soldati presenti e traducendoli a Palermo. Scordato verrà poi nominato Capitano d'Armi della città.
Vivace l'attività culturale e giornalistica della città nei primi del novecento che spingerà alla creazione di vari giornali locali quali L’Alba Soluntina (diretto da Gioacchino Guttuso Fasulo, padre di Renato), L’Eco (giornale polemico e anticlericale di Salvatore Scordato), La Nave e L’Era Nuova. Inoltre, Bagheria è stata set di film famosi come "il Gattopardo" di Luchino Visconti, nonchè di alcune scede di "Johnny Stecchino" di Roberto Benigni e del film su Padre Puglisi "Alla luce del sole" di Roberto Faenza. La città ha inoltre dato i natali al pittore Renato Guttuso, al poeta Ignazio Buttitta, al regista Giuseppe Tornatore, che l'ha recentemente omaggiata con il film "Baarìa" ed alla scrittrice Dacia Maraini.
I principali monumenti di Bagheria sono costituiti dalle ville del XVII e XVIII secolo di stile principalmente tardo barocco e da palazzi contemporanei di rilevanza architettonica. Tra le tante ville ricordiamo:
- Villa Palagonia, la più famosa, costruita nel 1715 dai Principi Gravina di Palagonia, è famosa con l'epitaffio di Villa dei mostri a causa delle figure animalesche scolpite nella pietra poste all'interno del parco;
- Villa Cattolica, che ospita il museo comunale dedicato al pittore Renato Guttuso ove sono conservate molte opere dell'autore nonché tele e sculture di altri artisti locali come Giuseppe Pellitteri;
- Palazzo Butera, la più antica, costruita nel 1658, la villa chiude l'estremità Sud del corso Butera, attualmente in totale ristrutturazione;
- Palazzo Aragona - Cutò, sede della biblioteca comunale e del museo del giocattolo;
- Villa Valguarnera;
- Villa Trabia;
- Villa San Cataldo;
- Villa Villarosa;
- Villa Ramacca;
- Villa Serradifalco;
- Villa Larderia;
- Palazzo Galletti - Inguaggiato;
- Villa Arezzo - Spedalotto.
Villa Palagonia
Villa settecentesca costruita a partire dal 1715 per conto di Francesco Ferdinando Gravina, principe di Palagonia, ad opera dell'architetto Tommaso Maria Napoli, con l'aiuto di Agatino Daidone. Altri lavori, su incarico dei successori del principe, riguardarono nel 1737 le strutture basse che circondano la villa e nel 1749 le decorazioni interne ed esterne. Nel 1885 la villa venne acquistata da privati, che ne sono tuttora in possesso, ed è parzialmente aperta al pubblico. Il corpo di fabbrica centrale della villa, del tipo tradizionale a blocco chiuso, senza cortili interni, ha una pianta articolata in due elementi quadrati congiunti da una parte centrale curvilinea. Il piano terra è attraversato al centro da un passo carraio, che si allarga al centro in uno spazio ovale. Il primo piano presenta quattro torrioni agli spigoli e al centro un vestibolo ovale, che ripete lo spazio del piano inferiore. Da questo si accede al salone delle feste, riccamente affrescato e con il soffitto coperto da specchi. Oltre questo è presente una sala con la cappella privata. Dal lato opposto si trova una sala da biliardo e sui lati gli appartamenti privati, costituiti da una serie di stanze adiacenti. Al piano nobile si accede dal piano di campagna per mezzo di una scalinata a doppia tenaglia, con balaustre in pietra che ne accompagnano l'articolato disegno. Alla base è affiancata da due sedili in pietra, con schienali a linee spezzate di gusto barocco. A conclusione del prospetto, al di sopra della trabeazione, vi è un attico con elementi decorativi, tanto alto da nascondere le falde del tetto, mentre gli spigoli della fabbrica hanno il piano terra bastionato. Le basse costruzioni che circondano la villa sono riccamente decorate da statue in pietra tufacea d'Aspra, che raffigurano vari personaggi mescolati con animali fantastici e figure caricaturali, dette "i mostri".
Per ulteriori informazioni e la galleria fotografica della villa visitate: www.villapalagonia.it
Villa Cattolica
Villa settecentesca edificata nel 1736 dall'allora principe di Cattolica, Francesco Bonanno, seguendo uno stile che ricorda un castello medievale. Nel 1973 Renato Guttuso donò molte sue opere al comune di Bagheria che creò all'interno del piano nobile della villa un museo dedicato al pittore. Il comune acquisì definitivamente la villa nel 1988 e due anni dopo, nel 1990, posizionò al suo interno un sarcofago monumentale per ospitare le spoglie del pittore e la trasformò ufficialmente nel Museo Renato Guttuso. Nel corso degli anni altre opere sono state accolte ed esposte all'interno del museo. Dagli anni 2000 il piano terra è occupato da un laboratorio teatrale e da due laboratori pittorici. Lo stile della villa ricorda un castello a base quadrangolare, le stesse mura di cinta del giardino sono dotate di merlatura. La struttura è composta da due esedre parallele, su una delle quali è presente un ampio terrazzo sopra un loggiato, sull'altra una larga scala di accesso. Al centro della struttura è presente lo stemma di Giuseppe Bonanno.
Per ulteriori informazioni sulla villa ed il museo dedicato a Renato Guttuso visitate: www.museoguttuso.com
Palazzo Butera
Palazzo Butera sorge in fondo all'omonimo corso ed è il più antico dei palazzi bagheresi. Fu fatto edificare nel 1658 da Giuseppe Branciforti, principe di Pietraperzia e Leonforte, conte di Raccuglia e cavaliere del Vello d'Oro. Dopo una cocente delusione politica, il principe amareggiato per essere stato coinvolto in una congiura antispagnola, che gli costò la nomina a vicerè di Sicilia, scelse l'esilio volontario lasciando la sua residenza di Palermo e facendosi costruire un'imponente Castello nelle sue terre di Bagheria. Ebbe origine così il primo insediamento della zona che condusse nella campagna bagherese, oltre ad un personaggio così noto, anche una piccola corte che traeva sostentamento dalle ricchezze del principe. Il nucleo originario di Palazzo Butera era simile ad un castello medioevale, protetto da mura e da due torri merlate, una delle quali ormai cadente fu demolita alla fine del XIX secolo.
Sul fronte della torre si può leggere ancora oggi l'incisione ''O Corte a Dio'' che insieme all'iscrizione in spagnolo che sovrasta l'ingresso principale del castello sta a testimoniare lo stato d'animo amareggiato del principe Branciforti: ''Ya la esperanza es perdida, Y un sol bien me consuela, Que el tiempo, que passa y buela, Llevara presto la vida'' (Ogni speranza è ormai perduta, un solo bene mi consola che il tempo passa e vola e presto mi toglierà la vita). Il Castello ha forma rettangolare con due ampie scalinate: una sul fronte sud e l'altra sul fronte est. Il portale sopra la scalinata sud fu realizzato nel '500 ed è coronato da una magnifica decorazione di stile spagnolo che riproduceva con freschezza grappoli di frutta, foglie e fiori. Una decorazione simile la riscontriamo anche nella torre sud intorno ad una nicchia che ospita una statuina raffigurante la Madonna. Il castello si snoda attorno a due grandi cortili ed è circondato da basse casette che anticamente erano abitate dai servitori o ospitavano le scuderie. All'interno delle mura fu edificata anche una chiesetta che dal 1708 al 1771 fu anche parrocchia succursale della cattedrale di Palermo. Nella Cappella è possibile ammirare un dipinto ad olio raffigurante la Sacra Famiglia che stilisticamente richiama Raffaello.
Nel 1769 Salvatore Branciforti, principe di Butera, nipote di Giuseppe, realizzò il primo schema urbanistico della città di Bagheria. Egli fece costruire un nuovo palazzo adiacente al lato Nord del castello medievale che prospettava su corso Butera. Fu proprio Salvatore Branciforti infatti, a far tracciare corso Butera che la gente ai tempi chiamò 'lo Stradone' e che scendeva da Bagheria direttamente verso il mare di Aspra. Questo corso, secondo la tradizione, fu tracciato in una sola notte perché lambiva la proprietà di altri principi che non avrebbero mai dato il loro consenso. Ortagonalmente a Corso Butera fu tracciato un altro largo corso fino ai ''pilastri'' che delimitavano i suoi possedimenti, il cosiddetto ''Stradonello'' (odierno corso Umberto I) cui fa da fondale la Chiesa Madre fatta edificare il quel periodo dallo stesso Salvatore Branciforti.
Al centro della facciata di Palazzo Butera si trova scolpito lo stemma della famiglia Branciforti mentre sotto, nel 1900, la principessa Sofia di Trabia fece collocare un grande orologio. Sempre sullo stesso prospetto una lapide ricorda Manfredi e Ignazio Lanza di Trabia caduti durante il primo conflitto mondiale. Nel parco della villa, che oggi non esiste più perché lottizzato e coperto interamente dal centro abitato, era posta la cosiddetta Fontana dell'abbondanza in marmo cui spiccava la statua di una donna del Marabitti. La statua oggi si trova nel parco di Villa Trabia sempre a Bagheria. Nelle vicinanze del palazzo sorge ancora oggi il Teatro di Villa Butera, fatto edificare da Giuseppe Branciforti che in seguito divenne teatro comunale e che qualche anno fa è stato restaurato. Nel 1797, Ercole Michele Branciforti Pignatelli, figlio di Salvatore Branciforti, fece costruire nella pineta retrostante il castello, un'originale Certosa, un padiglione neoclassico che raccoglieva in un bizzarro museo figure in cera di monaci certosini a grandezza naturale. Il principe, nella sua Certosa, volle ritrarre con statue in cera imbottite di paglia e stoppa e con statue in legno alcuni celebri personaggi del tempo, vestiti con sai monacali bianchi.
All'ingresso dell'edificio un chierico con una brocca in mano dava il benvenuto ai visitatori con fare affabile, mentre un altro frate tirando la cordicella di una campana avvisava i fratelli della visita. Attraverso un corridoio, nel quale facevano bella mostra un cane San Bernardo, un orso ed un pescecane imbalsamati, si potevano raggiungere le varie celle. Sulle pareti del corridoio erano appesi quadri ed incisioni di grande valore tra cui vari ritratti come quello dello stesso Branciforti. Nelle celle invece, si potevano ammirare i preziosi affreschi del pittore fiammingo Velasquez. Nella prima cella era rappresentato l'ammiraglio Orazio Nelson, seduto davanti ad una tavola ben imbandita in compagnia della sua amante Maria Carolina, mentre un cameriere negro li stava servendo. Nella seconda e terza cella si ricordava l'amore infelice tra Comingio ed Adelaide, che secondo la leggenda pur essendo molto innamorati non riuscirono ad ottenere la dispensa papale per sposarsi perché parenti prossimi. Nella quarta stanza c'era una cucina in muratura dove un cuoco cucinava due uova in un tegamino, mentre sulle pareti erano appesi antichi utensili da cucina. Proseguendo per il corridoio, nella prima stanza a sinistra un certosino lavorava tranquillo con la pala in mano ed una cesta. Nella cella accanto Ruggiero dei Normanni era seduto leggendo un libro, mentre nella cella successiva seduti attorno ad un tavolo discutevano il principe Ercole Michele Branciforti, Re Luigi XVI di Francia e Ferdinando di Borbone. Nell'ultima stanza era rappresentata una scena molto drammatica che ricordava la morte del principe Caramanico.
La Certosa di Villa Butera che per secoli fu meta di illustri ospiti, per decenni è stata abbandonata e tra furti e degrado. Di essa non esiste più nulla del suo arredamento interno. Solo di recente è stato avviato un restauro per cercare di recuperare almeno la struttura del palazzo di cui resta solo il perimetro esterno.
Per la galleria fotografica della villa visitate: http://www.guidasicilia.it/ita/main/rubriche/index.jsp?IDRubrica=1195
Palazzo Aragona - Cutò
Palazzo Cutò o Palazzo Aragona Cutò è una delle grandi Ville costruite nel primo Settecento a Bagheria nei pressi della antica via Consolare. Oggi si trova nei pressi della stazione ferroviaria della città.
La Villa Aragona (oggi meglio conosciuta a Bagheria come "Palazzo Cutò") venne edificata tra il 1712 e il 1716 da Luigi Onofrio Naselli, principe di Aragona, come residenza estiva. Il progetto venne elaborato dall'architetto Giuseppe Mariani. Nel 1803 la villa venne acquistata da Alessandro Filangeri, principe di Cutò, e in questo passaggio si rese necessaria la sostituzione delle insegne di famiglia: il monograma PC, principe di Cutò, appare oggi sul cancello principale. Nei primi del Novecento tra i proprietari vi furono Alessandro Tasca di Cutò, conosciuto come il "principe rosso" per le sue simpatie socialiste e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, futuro autore de Il Gattopardo e anche lui legato ai Filangeri di Cutò per parte materna. Nel 1923 Giuseppe Tomasi vendette la villa ad alcune famiglie bagheresi non aristocratiche (Di Bernardo e poi Carollo) che ne mantennero la proprietà fino al 1987, anno in cui l'intero complesso monumentale venne acquistato dal Comune. Sin dal 1983 il Comune ha perseguito un programma di acquisizione e di recupero che, fino al 1993, è stato diretto dall'architetto bagherese Antonio Belvedere. Dal 1993 i lavori sono stati proseguiti direttamente dalla Sovrintendenza e da tecnici comunali cui è da attribuire tutta la sistemazione degli ambienti interni. Attualmente il palazzo è divenuto sede della Biblioteca comunale "F. Scaduto", del Museo del Giocattolo "Pietro Piraino" e del LUM - Laboratorio Universitario Multimediale "Michele Mancini" dell'Università degli Studi di Palermo. L'edificio è composto da una massiccia struttura quadrangolare; sulla cima dell'edificio è presente un vasto belvedere. Il belvedere in passato veniva usato come luogo di riunione per la nobiltà locale, venivano, infatti, allestiti spettacoli teatrali o anche vi si radunava per assistere ai fuochi d'artificio del Festino di Santa Rosalia. Il palazzo è decorato sul frontone da due statue di tipo allegorico poste all'interno di nicchie. All'interno troviamo un grande scalone per l'accesso al piano nobile composto da due rampe, aspetto che lo differenzia dalle altre abitazioni nobiliari estive che disponevano invece l'accesso tramite scale esterne. Sono presenti all'interno anche degli affreschi databili al 1726, attribuiti al pittore Guglielmo Borremans. Mostrano scene di vita mitologica e scende tratte dalla Bibbia.
Per ulteriori informazioni e la galleria fotografica della villa visitate: http://bellapalermonline.com/palazzo-di-filangeri-di-cuto.html
Villa Valguarnera
« Ed ecco che, dopo avere camminato per un altro centinaio di metri, alzando gli occhi ci si trova davanti la villa Valguarnera in tutta la sua bellezza. Un corpo centrale a due piani, con un seguito di finestre, vere e finte, che scorrono seguendo un ritmo giocoso e severo. Dal corpo centrale partono due ali piegate in modo da formare un semicerchio perfetto» (Bagheria, Dacia Maraini).
Villa Valguarnera è un complesso monumentale di interesse storico, architettonico e artistico ed è una delle ville settecentesche di Bagheria di maggiore interesse, sia per la qualità architettonica del complesso sia per la sua posizione nel paesaggio bagherese. La costruzione iniziò nel 1712 su progetto di Tommaso Maria Napoli, architetto e domenicano, in contatto con l'ambiente romano, che introduce un linguaggio architettonico di matrice berniniana e una chiarezza compositiva vicina agli esempi più avanzati del settecento italiano, in particolare piemontese. Alla morte dell'architetto nel 1725, la villa non era ancora finita e fu poi significativamente modificata. In particolare, Giovan Battista Cascione Vaccarini nel 1780 è l'autore dei nuovi prospetti e della sala ovale al piano nobile. Di grande interesse la teoria di saloni interni affrescati da Elia Interguglielmi e le statue marmoree di coronamento dell'attico opera di Ignazio Marabitti. Un tempo circondata da un vasto parco, arricchita di coffe-house, statue ed architetture neoclassiche. Considerata già da Giuseppe Pitrè la più sontuosa fra le ville bagheresi (''Villa Valguarnera era la reggia fra le case principesche della verde vallata'' scriveva il noto medico e studioso), deve la sua fama anche ai tanti personaggi illustri che vi soggiornarono. Lo scrittore francese Stendhal, agli inizi dell'800, riferendosi al panorama che si ammira dalla terrazza aggiunse: ''trae suoni dell'anima, come arco da un violino...''. A Villa Valguarnera trascorse la sua adolescenza la scrittrice Dacia Maraini. La madre di Dacia, la pittrice Topazia, apparteneva infatti, alla antica e nobile famiglia degli Alliata di Salaparuta, proprietari della villa. Il padre, Fosco Maraini invece, era un etnologo.
Particolarmente suggestiva la balconata sul golfo di Bagheria e il monte Catalfano. La villa fu edificata dai Principi Valguarnera ed ancora oggi è di proprietà dei loro eredi, i Principi Alliata di Villafranca.
Per ulteriori informazioni e la galleria fotografica della villa visitate: http://www.guidasicilia.it/ita/main/rubriche/index.jsp?IDRubrica=1198
ps questa è la preferita, senza riserve, di Marco e Francesca!
Villa Trabia
Villa Trabia, ovvero la Casena dei Trabia alle Terre Rosse fu costruita in contrada Terre Rosse, nel Settecento, da Ignazio Lucchesi Palli, Principe di Campofranco. Nel 1814 Giuseppe Lanza Branciforti, Principe di Trabia e Butera acquistò la Casena ed il giardino. La villa include un piccolo parco seicentesco ed un edificio settecentesco. L'edificio di stile classico è composto da un grosso corpo centrale su due livelli e da due ali laterali, che racchiudono una piccola corte, al centro della quale si trova l’ingresso. La villa ospita una sede distaccata del comune di Palermo, una biblioteca pubblica, una videoteca, una biblioteca per bambini ed un internet point gratuito. Il parco è diviso in due parti, tagliato in due da un dislivello naturale (con delle antiche "pirrere", cave di calcarenite) che oggi ospita una strada, le due sezioni del parco sono collegate da un ponte di stile barocco, all'interno di esso sono presenti delle antiche serre ed una grossa fontana del Seicento. Nel giardino, d'impianto simile ad un orto botanico, grazie alle cure del capo giardiniere dei Trabia, lo studioso Vincenzo Ostinelli, si trovano robinie, araucarie, oleandri, conifere, palme, ficus magnolioides e querce, per un totale nel 1910 di 2.790 specie di piante (oggi circa 150 specie).
Per la galleria fotografica della villa visitate: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Villa_Trabia&oldid=17765493
Villa San Cataldo
Costruita agli inizi del Settecento dalla famiglia dei principi Galletti di San Cataldo, fu poi radicalmente trasformata alla fine dell’Ottocento, sia internamente che esteriormente, e decorata in stile neo gotico come oggi appare. Dell’originaria struttura settecentesca non resta che la chiesetta e l’ampio giardino all’italiana. Nulla si sa del suo progettista, e tantomeno di colui che ne apportò le ulteriori modifiche. La villa è costituita da un lungo corpo a due piani, segnato da torrette angolari che contengono le scale, al quale si affianca un cortile che ha al suo interno un piccolo giardino. Di rara bellezza è il maestoso giardino settecentesco con la sua rigogliosa vegetazione, un tempo ricco di piante esotiche; oggi coltivato ad agrumi. Esso è costituito dall’accostamento di due quadrati che formano un grande rettangolo. I viali del parco sono ancora arredati con sedili, vasi e statue, e tutto il parco è recintato da una balaustra in pietra di tufo d’Aspra.
Agli inizi del Novecento la villa fu ceduta alla Compagnia di Gesù dei padri gesuiti che ne fecro la sede per l’istituto delle Missioni Estere.
Nel 1998 la villa è stata acquistata dalla Provincia regionale di Palermo. La gestione è oggi affidata alla Provincia di Palermo e ai Padri Gesuiti.
Palazzo Villarosa
La villa, nei pressi di Bagheria fu iniziata nel 1763 da don Placido Notarbartolo, duca di Villarosa. L'edificio è posto su un'altura vicino le falde del monte Giancaldo e ha un prospetto imponente formato da un portico in stile neoclassico, riprendente il dorico, alto circa dieci metri, sorretto da otto colonne distanti due metri l'una dall'altra. All'interno, decorazioni murali e pregiati affreschi nelle soffitte. È attribuita all'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia. Per un periodo della sua vita ci visse il celebre pittore siciliano Nino Garajo. Attualmente la villa è di proprietà privata ed è adibita a ricevimenti, ma è comunque visitabile.
Per ulteriori informazioni e la galleria fotografica della villa visitate: www.palazzovillarosa.it
Villa Ramacca
Costruita intorno alla metà del XVIII secolo dal principe di Rammacca, Bernardo Gravina, si trova alle falde del monte Catalfano, in un'incantevole posizione che guarda verso la Conca d'Oro e il Golfo di Palermo.
Ad essa si accede da un lungo viale che attraversa un giardino ricco di piante esotiche.
Di estrema semplicità nelle sue linee architettoniche, il palazzo presenta sul fronte della corte un’ampia terrazza, tutta ammattonata con maiolica colorata, e con balaustra in pietra di tufo d’Aspra, che domina tutta Bagheria.
Di rilevante fattura un maestoso fastigio, in cima alla porta d’ingresso principale, sorretto da una cornice e rappresentato da due volte con statue che racchiudono lo stemma della famiglia Gravina. Sul fronte della corte un'ampia terrazza, tutta ammattonata con maiolica colorata, domina Bagehria e si apre sullo splendido panorama del mare di Aspra, Palermo e Solanto, del golfo di Termini Imerese e nelle belle giornate persino del promontorio di Cefalù.
Dalla terrazza si accede al grande salone, che funge da disimpegno agli ambienti del piano terra. Le decorazioni delle sale interne pare fossero di notevole pregio, ma lo stato di abbandono in cui si è trovata la villa per molto tempo non permette di verificarlo. Sul retro dell’edificio, collocati in una piccola corte a semicerchio, si trovano una chiesa, le stalle e gli alloggi per i domestici. Dopo la fine della dominazione spagnola in Sicilia, la villa venne utilizzata prima come caserma e poi come lazzaretto e, ritenuto un luogo infetto, venne abbandonata per lungo temo, finche non venne acquistata all'asta dal cavaliere Baldassarre Scaduto, che provvedette ad approtarvi i primi, importanti rifacimenti.
Per ulteriori informazione e la galleria fotografica della villa visitate: www.villaramacca.it
Villa Serradifalco
Costruita nel 18° secolo dai Lo Faso dichi di Serradifalco; risulta dalla trasformazione di una fattoria fortificata nel 600. Nell'800 il duca Domenico si occupò del ripristino della villa nella forma attuale, con i timpani delle finestre e lo scaloncino trasformati secondo il gusto neoclassico.
Villa Larderia
Viene edificata alla metà del 1700 dal principe di Larderia. Per una serie di contingenze negative la costruzione non viene portata a termine. Nel 1813 il palazzo viene acquistato dal sacerdote don Giuseppe Chiello che vi istituisce un educandato. La caratteristica più interessante è la pianta stellare con tre bracci radiali a 120 gradi, unico esempio nel Palermitano. Successivamente viene venduto e subito edificato il terreno circostante, finché il palazzo è affiancato da costruzioni e circondato da strette vie che non ne permettono l'adeguata osservazione.
Palazzo Galletti - Inguaggiato
E' una delle ville settecentesche meglio conservate della città di Bagheria. Costruita intorno al 1770 dal marchese di Santa Marina, Giovanni Pietro Galletti, è opera dell'architetto sacerdote Andrea Giganti e si mons. Castelli. Sorge lungo il corso Butera ed ha l'aspetto di un palazzotto di campagna. Fino al 1769, data in cui Salvatore Branciforti, principe di Butera tracciò il corso omonimo, era unito alla graziosa Villa Giuseppina, posta di fronte. La facciata principale che sporge sul corso presenta una linea austera e rigorosa, impreziosita da decorazioni a intaglio che riproducono elementi militari quali elmi e scudi direttamente ricavati dalla pietra di Aspra. realizzata in tufo senza rivestimento di intonaco, il suo colorito monocromatico è quello naturale della pietra d'Aspra, non reso monotono dagli effetti decorativi caratterizzati da festoni e vasi tipici del settecento, due dei quali collocati in due nicchie a fianco del portone di ingresso. Il Palazzo, nella sua composizione del piano terra, degli scaloni, della forma rettangolare dei due piani, cui è addossato un corpo a C, del disimpegno che collega a un grande salone riccamente affrescato che prospetta sul corso Butera, è un tipico esempio della fusione tra l'austerità neoclassica e il decorativismo barocco.
Villa Arezzo - Spedalotto
Villa Spedalotto è una residenza di villeggiatura situata su una collina ai margini della piana di Solanto, circondata da oliveti e agrumeti. La casa, ad un piano, è costruita attorno ad una corte aperta, con due corpi di servizio che si dipartono dal corpo principale, al centro del quale si trova un pronao in stile Neoclassico. Commissionata nel 1783 da don Barbaro Arezzo all'architetto Giovanni Emanuele Incardona (o Cardona, attivo a Palermo dal 1775 al 1820), fu costruita tra il 1784 ed il 1793. Il progettista fu allievo dell'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, il massimo esponente del Neoclassicismo in Sicilia. Nel 1790, ancora in costruzione, fu acquistata da Onofrio Emanuele Paternò, Barone di Spedalotto. Gli interni sono affrescati in uno stile tra il Neoclassico-Pompeiano e l'Impero, e sono attribuiti ad Elia Interguglielmi. Nel 1845 fu posta l'attuale pavimentazione della terrazza, in maioliche bicrome bianche e blu di Vietri, mentre tra il 1900 ed il 1902 furono sostituiti i pavimenti all'interno. La parte centrale del prospetto, parzialmente danneggiata da un bombardamento aereo alleato nel 1943, fu ricostruita nel 1945. Dal 9 ottobre al 9 dicembre 1799, sono stati ospitati i principi reali ereditari Francesco di Borbone (futuro Re Francesco I) con la consorte Maria Clementina d'Asburgo, e la figlia Maria Carolina (futura Duchessa di Berry). La famiglia reale, fuggita da Napoli per la rivoluzione del 1799, era divisa tra Villa Spedalotto (i principi reali) e Villa Valguarnera (i sovrani Ferdinando I e Maria Carolina). Successivamente vi soggiorneranno Francesco II di Borbone, duca di Calabria, e Luigi Filippo d'Orleans, futuro re dei Francesi. Una tradizione vuole che in questa Villa sia nato, nel 1810, Ferdinando II di Borbone Re delle Due Sicilie, ma la storiografia ufficiale lo indica nato a Palermo, a Palazzo Reale. Durante gli anni 70 del XIX secolo vi soggiornò spesso l'astronomo gesuita padre Angelo Secchi che, amico del Marchese di Spedalotto, usava la terrazza per le sue osservazioni. Il 30 marzo 1987, nella cappella della Villa, è stato celebrato il matrimonio tra il duca d'Aosta Amedeo di Savoia e Silvia Paternò dei Marchesi di Regiovanni, Marchesi di Spedalotto e Conti di Prades (Palermo, 31 dicembre 1953). Nel 1991 è stata la location per alcune scene del film Johnny Stecchino di Roberto Benigni.
E per finire, un piccolo extra che non poteva proprio mancare!
Villa San Marco
Venne edificata nel 1673 intorno ad una preesistente torre d'avvistamento del XVI secolo per il controllo di piantagioni di "cannamele" (canna da zucchero). Progettista fu l'architetto Domenico Cirrincione, frate domenicano, incaricato da Vincenzo Giuseppe Filingeri, Conte di San Marco, Principe di Mirto e Grande di Spagna. È un raro esempio di architettura civile di stile Manierista, che fonde elementi militari (bastioni angolari, merli, ponte levatoio, alte mura di cinta), a caratteri tipici dell'architettura residenziale (scalone monumentale a doppia rampa, balconi, cappella). Da due portali monumentali si accede ai giardini recintati, denominati "floretta" e "fruttiera", dove sono presenti alberi dalle dimensioni monumentali. Durante la seconda guerra mondiale lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, cugino dei Filingeri per parte di madre, soggiornò in questa Villa (e magari è qui che iniziò a lavorare al "Gattopardo", pubblicato dopo la sua morte nel 1958 e subito divenuto un caso letterario per la maniera ironica di rappresentare i mutamenti storico-sociali del periodo rinascimentale).
Sia Marco che Francesca si sentono molto vicini all'autore e alle atmosfere che ha saputo riscreare nel suo celebre scritto ed anzi, con il ricevimento a Palazzo Brancaccio, entrambi sperano di dare vita e di trasmettere a tutti gli invitati la calda sensazione di un tempo ormai lontano ma che avvertono parte della propria anima.
Per approfondire la storia del castello, per godere della galleria fotografica che rappresenta davvero l'intorno di Bagheria, visitate: http://www.castellosanmarco.com/